Ulay – Performing Life

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di Damjan Kozole
genere: documentario – durata 91 minuti – Slovenia 2013

La storia di un’esistenza straordinaria, vissuta al confine tra ispirazione artistica e vita quotidiana, spesso intrecciate al punto da non poter più essere distinte.

Ulay è uno degli artisti e attivisti più noti al mondo, quando si accinge a raccontarsi in un film. Ma poco prima di cominciare le riprese del documentario riceve una diagnosi: tumore. E la storia cambia rotta. Il film si trasforma in un viaggio alla scoperta di ciò che lascerà dietro di sé, inizio di un processo inevitabile quanto impossibile distacco. Mentre viaggia dalla Slovenia a Berlino, da New York alla Amsterdam della sua giovinezza, la malattia diventa occasione per l’estremo progetto artistico di Ulay: il più importante di tutti. Un percorso tortuoso, doloroso, indispensabile alle radici di quell’identità che una vita di arte forse non basta a capire. Fino alla guarigione.


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APPROFONDIMENTO
Gabriele Niola per MyMovies

In questo documentario che trae lo spunto dall’imminente fine di una vita, non c’è mai un momento di commozione, non è quel che Ulay cerca, semmai la sua è una maniera di rievocare il passato senza sottolineare come stia tutto per finire, cioè senza operare quel confronto con il presente dal quale potrebbe scaturire il dramma. In questa maniera quest’ultimo progetto di Ulay finisce per somigliare (da un certo punto di vista) a quelli che ha portato avanti per tutta la vita: un esperimento sul suo corpo, stavolta in disfacimento, che ne metta alla prova la fisicità e che gli consenta di esplorare degli spazi.

Nel narrare la relazione con l’artista serba Marina Abramovic, Ulay ritrova di colpo una certa forza. Nella rievocazione che entrambi fanno di una storia d’amore che è stata anche connubio professionale, della sua fine e poi degli strascichi di umana debolezza e piccoli risentimenti, c’è un’umanità profondissima da parte di due figure che nel loro ambito sono titaniche e difficilmente affrontabili. Forse allora è questa l’ultima grande opera di Ulay, ottenere che due giganti della performing art con l’avvicinarsi della morte di uno di loro svelino per la prima volta un’umanità piccina e ordinaria dopo decenni di straordinaria esplorazione dei confini del fisico e della mente.