16.30 e 18.15 Era d’estate / 20.15 Barbieri d’Italia / 21.30 La legge del mercato
Mercoledì 25 Maggio
/ CINEMA ore 16.30 e 18.15
Era d’estate
Di Fiorella Infascelli
Con Massimo Popolizio, Beppe Fiorello, Valeria Solarino, Claudia Potenza, Elisabetta Piccolomini
Drammatico, durata 100 min. – Italia 2015
L’Asinara, 1985. In una notte come tante sbarcano sull’isola Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con le proprie famiglie. Il trasferimento è improvviso e la minaccia, intercettata dai Carabinieri dell’Ucciardone, è grave: un attentato contro i due giudici e i loro familiari partito dai vertici di Cosa Nostra. È un’estate calda…
Era d’estate racconta l’ostruzionismo dello Stato che, dopo aver mandato i due giudici “in vacanza coatta”, rifiutava di inviare loro i faldoni necessari per mettere in piedi l’istruttoria del maxiprocesso, e descrive la minaccia all’incolumità di due uomini e delle loro famiglie, ma sceglie di farlo in un contesto di acqua e luce, invece che in un teatro delle ombre, attraverso i colori pastello di un’estate di metà anni Ottanta filmata come un home movie di grande delicatezza nei confronti dei suoi protagonisti, il cui eroismo quotidiano era più grande di quello celebrato dalla Storia.
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Ingresso
Intero € 7,00 • Ridotto € 6,00 per soci UniCoop Firenze e correntisti Banca di Cambiano
PROVA L’APERICINEMA DE “I RAGAZZI DI SIPARIO”
con le specialità preparate dai ragazzi coordinati da Matteo Alessi
APERICINEMA • ingresso al film + aperitivo = € 12,00
/ CINEMA ore 20.15
Dal 17 al 25 maggio, 11° edizione di CIAK SUL LAVORO, rassegna promossa da FILCAMS CGIL della Toscana e di Firenze e da associazione Anémic per parlare di lavoro, società e diritti.
Tutti i film in programma saranno proiettati alla presenza dell’autore.
Barbieri d’Italia
Sarà presente il regista Francesco Ranieri Martinotti
Regia, soggetto, sceneggiatura: Francesco Ranieri Martinotti
Fotografia: Filippo Menichetti, Antonio Iodice
Musica: Puccio Pucci
Italia 2015; colore; 60 min.
Non è ostentata la mitologia che avvolge, fra sbuffi di profumo, borotalchi, pennelli, forbici, rasoi e soffici panni, il mestiere del barbiere. Mestiere antico, tipico della nostra tradizione, fatto di gesti apparentemente semplici e di relazioni umane. Una volta i barbieri, i saloni come si dice al Sud, chiudevano di lunedì e stavano aperti la domenica. Era come andare a messa. E confessarsi. Il rito laico del gossip (politica, donne, sport) con le figurine delle donnine spinte che nei dì di festa sapevano di cipria. Un mestiere che in fondo, pur nella accelerazione dei tempi che distorce la compiutezza delle cose, racconta attraverso se stesso e i suoi protagonisti, l’Italia di oggi. I barbieri parlano allo specchio, guardano lo schermo della vita che ci passa davanti, riflettono l’esperienza accumulata nel corso degli anni mentre i più giovani innovano le linee e il gusto della società ma rimandano sempre alla stessa formalità. Una questione di sfumature. Martinotti si è preso la briga di andarli a cercare. Lungo lo stivale. I ritratti che scaturiscono sono scatti di umanità e artigianalità. Inedita e consapevole.
“L’idea – racconta Martinotti – è nata dall’esigenza di raccontare un mestiere tipico italiano che, solo apparentemente, sta scomparendo. Invece non è così, al contrario sta vivendo una nuova vitalità. Abbiamo girato 50 ore di filmati, attraversando l’Italia da Nord a Sud, fermandoci a Torino, Cremona, Firenze, Roma, Napoli e Capri. Ovunque abbiamo trovato realtà davvero sorprendenti, segnali di una ripresa di un vecchio mestiere riscoperto con successo da giovani che vi si dedicano con sempre maggior interesse”. Il viaggio in Italia di Martinotti è un profilo di verità, di contraddizioni, di emergenze, di non solo piccole imprese meridionali, di botteghe che creano “forza lavoro” in un paese che resiste ma che di lavoro manca, un’anima bella che emerge, una inventiva che cresce. Perché di barbieri in Italia ce n’è tanti. Di tutti i tipi (ci scoprirete anche la prima “barbiera” per soli uomini). E per tutti i gusti. E per tutti i tagli. Se vogliamo è anche una questione di “genere”. Oltre il “genere”. E poi al barbiere ci si affida. Deve essere una persona di fiducia. Un uomo da rispettare. Il cinema italo americano in fondo c’ha fatto fortuna.
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Ingresso
Intero € 4,00
/ CINEMA ore 21.30
Dal 17 al 25 maggio, 11° edizione di CIAK SUL LAVORO, rassegna promossa da FILCAMS CGIL della Toscana e di Firenze e da associazione Anémic per parlare di lavoro, società e diritti.
Tutti i film in programma saranno proiettati alla presenza dell’autore.
La legge del mercato (La loi du marché)
Regia: Stéphane Brizé
Sceneggiatura: S. Brizé, Oliver Gorce
Fotografia: Eric Dumont
Interpreti: Vincent Lindon, Karine de Mirbeck, Matthieu Schaller, Xavier Mathieu, Yves Ory
Francia 2015; colore; 95 min.
Stéphane Brizé è autore molto stimato in Francia (nel 2010 ha vinto il César per la sceneggiatura di Mademoiselle Chambon) ma poco conosciuto in Italia dove praticamente nessuno dei film che ha diretto o interpretato ha avuto una distribuzione. A rompere la clausura ci pensa ora questa Legge del mercato (il suo sesto lungometraggio), scritto insieme al collaudato Olivier Gorce, che si interroga sulla deriva neoliberista della società europea e sulla ferocia del capitalismo contemporaneo, un po’ alla maniera di Ken Loach e dei fratelli Dardenne. Il protagonista Thierry (un dimesso quanto credibile Vincent Lindon, Palma d’oro come miglior attore protagonista all’ultimo Festival di Cannes) ha 51 anni, una moglie, un figlio disabile, un mutuo da pagare, 500 euro al mese di sussidio. Ha perso il lavoro dopo 25 anni perché l’azienda ha deciso di “delocalizzare” l’attività. Riciclarsi? E come? Non saranno certo i corsi di formazione e aggiornamento professionale a schiarire l’orizzonte occupazionale. Frustrato, demotivato, demoralizzato Thierry è una pedina piccolissima in balia del “nuovo mondo” del lavoro, un mondo spietato di banche centrali e fondi monetari, senza più regole, tutele e garanzie. Finché un giorno viene assunto come addetto alla sicurezza in un supermercato. Deve controllare che nessuno faccia il furbo. In altri termini che rubi. Ma decidere “che fare”, sistemare la faccenda in “camera caritatis” o denunciare il “colpevole” e chiamare la polizia, non sarà facile. Perché forse non ci sono solo le regole del ruolo che la divisa che indossi ti impone.
C’è dietro ogni piccola storia personale (che siano i clienti o gli stessi colleghi gli autori dei furti, non per vizio ma per necessità) un quadro più generale di crisi economica, disagio, precarietà, disperazione. La questione (il dilemma) è anche morale. “Per prepararmi bene al ruolo – racconta Lindon, anche partecipe alla produzione del film – ho lavorato con gli addetti al controllo, un mestiere terribile. Ho visto persone anziane rubare cose da pochi euro, è stata un’esperienza straziante”. Basso budget, troupe ridotta, tre settimane di riprese, semplice e rigoroso, dialoghi essenziali, niente musica, La legge del mercato (distribuito sul mercato internazionale col titolo A simple man) ruota attorno al protagonista, perno di una condizione umana sempre più diffusa e drammatica, unico volto (cinematograficamente) noto fra tante facce prese dalla strada, persone che nella vita di tutti i giorni hanno le stesse mansioni che interpretano sullo schermo, come a sottolineare quel senso acuto di “cinema verità” che il film emana e contiene.
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Ingresso
Intero € 4,00