Presentazione dell’Almanacco Guanda 2013 “La bugia, un’arte italiana”
A seguire, proiezione di Quando c’era Silvio,
documentario di Enrico Deaglio e Beppe Cremagnani,
regia di Ruben H. Oliva
La bugia è un’arte italiana?
Questa la domanda dell’Almanacco Guanda 2013 curato da Ranieri Polese, in libreria in questi giorni, con i contributi di Piero Colaprico, Franco Cardini, Luciano Canfora, Claudio Carabba, Leopoldo Fabiani, Severino Dianich, Ferruccio Pinotti, Marzio Breda, Danilo Taino, Isabella Bossi Fedrigotti, Marzio Breda e un’intervista a Paolo Poli.
La menzogna politica, in realtà, non è solo una nostra specialità, ma quello che ci distingue è la tolleranza verso chi mente spudoratamente. In Germania, per una tesi di laurea copiata e una vacanza pagata da un imprenditore amico, si sono dimessi il ministro della Difesa e il Presidente della Repubblica. Da noi, nel paese di Pinocchio, non accade mai.
Inevitabilmente, al centro della scena sta la figura e l’opera di Silvio Berlusconi, campione di bugie dal compleanno di Noemi Letizia alle frodi fiscali (per cui è stato condannato in via definitiva), al caso Ruby. Repubblica – lo racconta Piero Colaprico – fece una campagna di stampa sulle bugie del Cavaliere. Ma ci sono altre bugie, alcune recentissime come ci ha mostrato il caso Cancellieri.
E c’è anche l’uso di notizie false da parte dei mezzi di informazione per screditare avversari politici, noto con il nome di “metodo Boffo”. Storici e teologi si chiedono se il nostro atteggiamento verso la menzogna è il frutto dell’educazione cattolica, oppure è il risultato della lezione del “Principe” di Machiavelli.
Ma non c’è solo la bugia politica, l’uomo italiano mente in privato (i film della Commedia italiana e la canzonetta sono un vero “paradiso di bugie”) e mente pure quando scrive ai giornali. Siamo, appunto, nel Paese di Pinocchio come ci ricorda in un’intervista Paolo Poli.